Rania è una ragazzina bella, sveglia, matura e risoluta. Io ed i miei amici clowndottori la conosciamo da tempo, ed ogni volta che siamo stati da lei, è stato bello e semplice lasciarci travolgere dalla sua voglia di coinvolgerci e lasciarci coinvolgere. Mai un “musetto lungo”, mai un sospiro o una lamentela.
Si è sempre divertita a prenderci in giro e a truccarci per renderci “più belle”, così dice.
Ma un giorno, che sembrava come tutti gli altri, io e la dottoressa Coccola siamo entrate in stanza e : “No aspetta, non è la stanza di Rania, la luce è soffusa e nel letto c’è una bimba debole, triste, assente. Ok non facciamo scherzi: dov’è Rania?”
Io e Coccola eravamo spaesate.
Un clowndottore non dovrebbe farsi sopraffare dalla tristezza. Abbiamo convenuto.
Rania era nel suo lettino con gli occhi persi e non vivaci e guizzanti come sempre.
“Un clown dottore non dovrebbe farsi sopraffare dalla tristezza?” Ci siamo chieste.
Rania doveva prendere una decina di pasticche grandi almeno un centimetro. Tutte insieme. Non le andavano giù.
Un clown dottore non deve farsi sopraffare dalla tristezza! Abbiamo sospirato.
No, se questo non avesse fatto uscire prepotentemente la gran voglia di rivincita.
La rivincita nei confronti del cancro, che stava avendo la meglio su Rania e a quanto pare anche su noi.
Rania era attaccata a tanti fili ed alla terapia e la sua voce era flebile ma avevamo una gran voglia di farla ridere ed una gran voglia di ridere e di deridere la malattia.
Allora ecco che abbiamo messo il prisma alla finestra.
Io e Coccola abbiamo chiamato Frischiarella, ci siamo consultate ed abbiamo deciso di preparare per Rania un vero atelier. Una settimana di preparativi solo per lei. Saremmo andate al reparto di oncologia solo per lei. Abbiamo portato abiti di ogni genere lunghi, tutù, da sera, vestaglie, parrucche, maschere, stampelle e trucchi.
Siamo entrate. Abbiamo spalancato le serrande. Tolto il separè tra i due letti. Appeso abiti ovunque. Il bagno come un camerino, il tavolinetto per magiare come una toletta.
Rania era sbigottita e divertita. Subito ci ha detto: “ Avrei bisogno di trucchi”. E voilà! Ce n’erano a bizzeffe, le si sono illuminati gli occhi, ha ripreso energia ci ha truccate, ci ha vestite ed imparruccate. E abbiamo ballato, tanto. Abbiamo ballato facendo coreografie con lei da sedute. Diceva: “Non ce la faccio”, mentre scuoteva spalle e muoveva i piedi a tempo di musica. Man mano il suo sorriso si apriva in risate, e la sua energia tornava. Dava il meglio di sè per renderci belle.
Le sue manine si muovevano sui nostri volti come carezze ed ogni tanto ci chiedeva: “ Vi faccio male?”
Rania sorrideva
Il bimbo accanto, ci ha fatto da DJ e ci ha spompato per un’ora con Rovazzi e le musiche di loro “giovani”. E guai a fermarsi!
Rania sorrideva divertita.
Corpo di ballo di eccezione signori e signore: tutto lo staff delle infermiere del reparto che hanno sudato e riso come matte.
Rania rideva.
La mamma del DJ ha indossato uan vestaglia a fiori ed una parrucca rosso-fuoco e vai con lo shooting forografico.
Rania rideva mettendosi le mani in testa come a dire: “Queste so’ matte!”
Dopo un pò non eravamo più nella stanzetta di Rania nel reparto di oncologia più in ospedale. Eravamo ad una festa, c’era una makeup artist d’eccezione, un Dj personale, facevo parte di un corpo di ballo ed io mi sentivo libera, felice. Si perché no, felice. Sembra brutto e poco rispettoso dire felice in quella situazione, vero?
No in quel momento, in quel preciso momento, vedere ridere Rania e guardare gli occhi di sostegno e di vicinanza delle mie colleghe/amiche Coccola e Frischiarella mi rendeva felice.
E vedevo l’arcobaleno riflesso sulle pareti. La vita era quel momento e non ci pensavo che se avessi spento la luce sarebbe tornato ad essere solo un cristallo.
O meglio ci ho pensato, ma sapevo che se lo avessi rimesso al sole, l’arcobaleno tornato sarebbe di nuovo.